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La mappa e le informazioni utili
Il corteo del 25 maggio
Ecco il percorso del corteo.
Sabato 25 maggio alle ore 15:00 ad Alessandria in Corso Crimea (angolo Corso Roma) si è svolto il corteo di Alessandria Pride.
Il corteo è partito alle ore 17:00 ed è giunto al Parco Carrà/Pride Village alle ore 19:00 dove ci hanno atteso chioschi con street food e banchetti delle associazioni.
Documento politico del Pride 2024
Anche nel 2024, Alessandria celebrerà il PRIDE con la sua parata. Riteniamo infatti ancora necessario celebrare l’orgoglio LGBTQIA+ e rivendicare i diritti delle persone appartenenti a questa comunità. Nei decenni, grazie all’impegno e all’attivismo di persone che credono che arrivare ad una parità di diritti sia possibile, molti risultati sono stati raggiunti. E tuttavia, è sotto gli occhi di tutti come, nel nostro paese, questo obiettivo sia ancora lontano. Non è tempo di fermarsi, appunto. Nel ranking dei diritti elaborato ogni anno da ILGA, Europe Rainbow Europe Map 2023, l’Italia è scesa ancora di un posto rispetto all’anno precedente, posizionandosi al 34° posto su 49 Paesi per uguaglianza e tutela delle persone LGBTQIA+, posizionandoci persino dietro all’Ungheria di Orban.
Ma il Pride è diventato negli anni molto altro: un momento di unione di tutte quelle persone che si battono ogni giorno per una società più giusta, perché credono che il cambiamento sia possibile solo se si resta uniti e si combatte tutti insieme. Di tutte quelle persone convinte che i diritti o sono di tutti o NON sono. Di tutte quelle persone coscienti che il primo diritto per cui battersi e proprio il diritto di essere quello che siamo, quello che scegliamo o accettiamo di essere.
Quest’anno abbiamo scelto di dedicare il Pride al tema della violenza di genere, e di come solo con diffusione della cultura, della formazione e dell’informazione, sia possibile sradicare questo male della società dalla società stessa. La violenza di genere, fisica e verbale, è infatti diventata nel corso degli ultimi anni un’emergenza sociale. La comunità LGBTQIA+ è da sempre vittima di manifestazioni di matrice omotransfobica. E ancora oggi, sono tanti gli episodi che dimostrano come persistano radicate nel territorio nazionale sacche di odio e discriminazione verso persone che manifestano il loro appartenere alla comunità. Questo avviene talvolta anche all’interno dello stesso nucleo familiare. La violenza subita da sempre dalla comunità LGBTQIA+ è, negli ultimi anni, sempre più frequentemente affiancata dalla violenza verso le donne, arrivando a palesarsi come una vera e propria emergenza sociale. Questo fenomeno colpisce in particolar modo quelle donne che, come nel caso delle persone della comunità LGBTQIA+, non abbassano la testa e rivendicano orgogliosamente i loro diritti e le loro prerogative sociali, verso una completa emancipazione della loro figura nella società ancora troppo maschilista e di stampo patriarcale.
Non possiamo però non ricordare un’altra forma di violenza, anche questa intollerabile. Si tratta della violenza di quelle parti delle forze dell’ordine che dovrebbero proteggere tutti i cittadini e che invece usano le loro energie e i loro mezzi per ledere il diritto costituzionale al dissenso e alla manifestazione. La comunità LGBTQIA+ conosce bene questo strumento di repressione. La nascita del Pride si fa risalire infatti alla rivolta di Stonewall, caratterizzata da una serie di scontri fra la comunità LGBT e le forze dell’ordine nel Giugno del ‘69, a seguito dell’ennesima irruzione violenta e immotivata della polizia nel locale newyorkese Stonewall Inn. Anche in questo caso, la compromissione del diritto sancito dall’Articolo 21 della Costituzione deve venire declinata secondo una geometria poliedrica. L’intensificarsi della repressione da parte delle forze dell’ordine, alla quale abbiamo assistito negli
ultimi due anni, deve suonare come un campanello di allarme pericoloso per lo stato della nostra democrazia. Un atteggiamento che ha colpito in particolare giovani e giovanissimi, quella parte della società che è e deve essere il motore primo del cambiamento, e le cui istanze vanno comprese e ascoltate. Il colpirle ha evidentemente lo scopo ultimo di fiaccare questo cambiamento, strizzando l’occhio a quella politica e atteggiamento conservatore che il movimento LGBTQIA+ è nato per contrastare. Lo diciamo ancora una volta: non è tempo di fermarsi.
Noi crediamo che la risposta a questa violenza sia da ricercare nell’educazione e nella cultura. Promuovere la cultura significa far sì che le persone abbiano gli strumenti per interpretare la società che cambia, per apprezzare le diversità che li circondano, per far propri i meccanismi sociali che portano al rispetto dell’altro, delle sue scelte, delle sue opinioni, e alla base di tutto, del suo “essere”. La formazione e l’informazione sono mezzi preziosi per far sì che tutte le persone siano in grado di capire, prima ancora che accogliere, le istanze delle comunità LGBTQIA+, per far sì che i professionisti che si trovano a dover interagire con essa – pensiamo ad esempio al personale sanitario, ad avvocati e magistratura, al personale scolastico – abbiano gli strumenti per supportare professionalmente le loro necessità.
Il cuore della nostra richiesta è quello di investire nella sensibilizzazione, nell’educazione, nella formazione e informazione a proposito delle tematiche LGBTQIA+, con l’obiettivo di costruire una società accogliente nei confronti di chi è considerato diverso. Siamo profondamente convinti che “La diversità è un bene comune”: la discriminazione dovrebbe essere condannata, anziché alimentata durante i discorsi elettorali. Il superamento di stereotipi e pregiudizi, raggiungibile attraverso un’adeguata informazione, garantisce uno sviluppo armonioso ed equilibrato della persona, contribuendo alla creazione di un clima in cui la medesima si senta completamente libera di esprimere sé stessa, e in particolare il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere, nella piena facoltà di autodeterminazione.
Nonostante l’Europa, con buona parte dei suoi Stati, prenda una posizione netta contro le norme ungheresi che vietano la cosiddetta propaganda omosessuale, l’Italia ne resta esclusa. Dopo l’affossamento della legge Zan, assistiamo ad un silenzio legislativo ormai calcificato. Crediamo che sia fondamentale intervenire sulla legge Mancino, introdotta nel 1993 per punire i crimini d’odio e dell’incitamento all’odio, inserendo le discriminazioni per sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità, accanto alle discriminazioni per razza, etnia e religione (già contemplate), e promuovendo anche una serie di azioni per prevenirle.
Chiediamo che si attivino iniziative contro ogni forma di omostransfobia e misoginia, che sono figlie della stessa cultura patriarcale che nutre la violenza maschile, di genere e domestica, anche tramite politiche culturali e sociali efficaci di contrasto a questo fenomeno, che affrontino la questione come una priorità da risolvere. Rivendichiamo a questo scopo, la centralità dell’attività dei centri antiviolenza e degli sportelli di ascolto, che vanno adeguatamente finanziati.
Le coppie
costituite da persone dello stesso sesso dovrebbero avere uguale dignità e i medesimi diritti assicurati alle coppie eterosessuali. La legge italiana favorisce, di fatto, un principio antidemocratico e discriminatorio, non garantendo alle coppie omosessuali l’accesso al matrimonio: chiediamo parità di diritti anche su questo piano, parità ormai tutelata in molti paesi d’Europa e non solo.
Inoltre, il concetto stesso di famiglia ha subito numerose mutazioni nel corso della storia, andando ad integrare numerose esperienze molto diverse tra loro, anche in base al periodo storico di riferimento. È quindi ormai necessario provare a costruire una riflessione collettiva sul concetto stesso di famiglia e sul telaio giuridico sul quale essa poggia, dovuta alle evoluzioni sociali che caratterizzano di fatto questa istituzione. È fondamentale riflettere sul suo stretto legame giuridico con il matrimonio, che andrebbe invece slegato per allargarlo a tutte le esperienze eterogenee che già esistono e che meritano un riconoscimento formale e giuridico, per accedere a diritti da cui restano altrimenti escluse. Le persone si amano, convivono, si prendono cura le une delle altre, crescono figli in una moltitudine di schemi e possibilità che è sbagliato cercare di ridurre ad un unico modello.
La famiglia è il primo luogo e istituzione con cui veniamo in contatto, il primo ambiente in cui entriamo in relazione con altri ed in cui si costruiscono rapporti di solidarietà tra persone, e di cui subiamo, necessariamente, influenze e condizionamenti. Per questa ragione esso non può essere escludente e fondato su paradigmi discriminatori. È quindi, secondo noi, anche necessario ripensare totalmente l’ambiente familiare, legato troppo spesso ad una visione retrograda, ancora machista e patriarcale.
Anche a seguito dell’imposizione alle Sindache e ai Sindaci di sospendere la trascrizione dei certificati di nascita emessi all’estero per le coppie omogenitoriali, chiediamo con urgenza che venga introdotta una legge che permetta ad ogni genitore di riconoscere alla nascita lə propriə figlə, superando il criterio che garantisce tale prerogativa soltanto al genitore biologico, in modo che tutte le figure genitoriali siano riconosciute e chiamate alle proprie responsabilità, vedendo salvaguardata la relazione tra lə figlə e genitorə. In un sistema democratico e pluralista, volto a salvaguardare i diritti inviolabili delle persone e a riconoscere le formazioni sociali, non si può pensare di stabilire quali siano i confini del concetto di famiglia.
Chiediamo inoltre che si apra finalmente un dibattito laico e informato sulla Gestazione Per Altrə, libero da ogni ideologia e strumentalizzazione, e che tenga in mente che più del 85% di coloro che intraprendono questo percorso sono coppie eterosessuali.
Chiediamo che venga garantita la possibilità di adozione di minori da parte di singoli, singole e coppie, indipendentemente dall’orientamento sessuale di chi ne fa richiesta, come già avviene in molti paesi europei e non solo.
Chiediamo l’abolizione della Legge 40/2004 e la parità di diritti per tuttə all’accesso alla Procreazione Medicalmente Assistita.
Chiediamo la tutela al diritto di corretta formazione e informazione, in particolare in ambiente scolastico. Chiediamo che la formazione sia libera da censure e non contribuisca alla discriminazione attraverso la creazione di stereotipi. Chiediamo che essa promuova l’educazione alle differenze e alla creazione di una cultura che valorizzi l’espressione personale come forma di libertà, verso il superamento delle varie forme di bullismo, soprattutto di quello omo/bi/lesbo/transfobico.
Chiediamo inoltre un’educazione sessuale, al genere e all’affettività più ampia e corretta in tutte le scuole, fin dalle elementari, e in tutti i luoghi di formazione e nei posti di lavoro, per il personale e per gli utenti. Chiediamo inoltre che nei vari corsi di laurea delle Università italiane si dedichi il giusto spazio, come in parte si sta già facendo, alla nostra comunità, soprattutto in vista di una formazione più corretta per le future generazioni nelle varie professioni.
In ambito sanitario, chiediamo la formazione del personale sanitario, a partire dal percorso universitario, con specifica attenzione al personale di pronto soccorso, per adeguata accoglienza e presa in carico delle persone LGBTQIA+, e la formazione dei medici in tema di benessere e problematiche della salute delle persone della comunità.
Il numero delle persone transgender in Italia è in constante aumento: sulla base dei dati disponibili ricavati dalle persone che si rivolgono ai centri clinici per il percorso di affermazione di genere si stima che ad oggi si tratti dello 0,5-1% della popolazione generale contro una diffusione dello 0,002- 0,005% negli anni ’80. Tuttavia, proprio sul versante salute, il mondo transgender soffre ancora oggi di criticità.
Chiediamo la riscrittura completa della legge 164, affinché sia garantito a tutti e tutte il diritto all’autodeterminazione del proprio corpo e della propria identità di genere, anche sui documenti di identità. Chiediamo inoltre di: implementare gli strumenti informativi per l’accesso alla salute delle persone transgender; facilitare l’accesso ai servizi di sostegno psicologico e psichiatrico con personale adeguatamente formato nelle strutture pubbliche, nonché accesso agli screening di prevenzione durante e dopo il percorso medico di affermazione di genere o non medicalizzate; facilitazione dell’accesso alla terapia ormonale in tutte le Regioni in modo omogeneo; istituzione di sportelli territoriali di assistenza/orientamento facilmente accessibili, con funzioni di ascolto e supporto psicologico, anche in partenariato con enti pubblici territoriali e soggetti del privato sociale; prevedere percorsi di accompagnamento post-intervento di attribuzione chirurgica del sesso.
Chiediamo infine che ai seggi elettorali ci sia il superamento dei registri divisi in base al genere.
L’attivazione della procedura amministrativa della Carriera Alias dimostra come il mondo della Scuola e dell’Università sia più aderente alla realtà, più aperto al mondo e alle istanze delle persone di molta politica e di tanti altri settori della Pubblica Amministrazione, dove sembra difficile introdurre una riforma in tal senso. Non è ancora purtroppo attiva per legge in ogni Istituto ed Università. Chiediamo quindi alla classe dirigente di riconoscere per legge questa procedura in tutte le Scuole e in tutti gli Atenei, e che questo primo passo ispiri una riforma più ampia per tutta la Pubblica Amministrazione. Chiediamo che i Dirigenti Scolastici del nostro territorio aderiscano all’iniziativa e deliberino in favore della Carriera Alias nelle loro sedi, e che forniscano al corpo docente gli strumenti per capire a fondo i temi dell’identità sessuale e dell’identità di genere.
Chiediamo la cessazione delle riassegnazioni chirurgiche del sesso deə bambinə natə con caratteristiche fisiche considerate non conformi rispetto a una norma completamente irrealistica, motivate da necessità tutt’altro che di salute (spesso, infatti, le operazioni a cui le persone intersex sono sottoposte niente hanno a che fare con la sopravvivenza). Chiediamo anche la realizzazione di incontri di formazione e sensibilizzazione rivolta a medici, infermieri, ostetriche e personale sanitario in generale; incoraggiare quindi il processo di autodeterminazione delle persone intersex, affinché possano esprimersi autonomamente e dare il proprio consenso informato a eventuali trattamenti.
Chiediamo rispetto, libertà, dignità per le lavoratrici e i lavoratori, e leggi che non favoriscano la precarizzazione del mercato del lavoro. Chiediamo il superamento del divario retributivo di genere e una paga che sia degna, commisurata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, come richiesto dalla Costituzione.
Chiediamo interventi per favorire le opportunità di formazione e di inserimento nel mercato del lavoro delle persone transgender, con particolare attenzione alle trans femminili. Chiediamo la promozione dell’inclusione lavorativa e dell’autoimprenditorialità delle persone transgender, anche mediante incentivi alle aziende, borse lavoro o tirocini professionalizzanti.
Chiediamo che ogni azienda – oltre a non accettare e a denunciare comportamenti di molestie e violenze nei confronti də lavoratorə – si impegni a promuovere iniziative di contrasto al fenomeno della violenza, a predisporre azioni di supporto al reinserimento lavorativo delle vittime e a promuovere attività di sensibilizzazione e prevenzione dei fenomeni.
L’abolizione del Reddito di Cittadinanza, non sostituito da politiche alternative di difesa delle persone più fragili e sommato ai tagli alla sanità pubblica, sta portando il nostro paese verso un conflitto sociale che vede il netto contrasto tra i ceti più ricchi della popolazione generale e la classe più povera. Chiediamo l’istituzione di strumenti di sostegno al reddito, in forma individuale e slegati dal nucleo familiare, che sostengano le persone nel loro percorso di autodeterminazione. Chiediamo la costituzione di nuove forme di welfare, anche in ambito abitativo, che vadano a tutelare le persone vittime della perdita della casa, per motivi economici, per via di un allontanamento o la fuga da situazioni di violenza domestica.
Chiediamo infine che il diritto alla salute torni ad essere oggetto di politiche mirate e finanziamenti adeguati, evitando che demagogici tagli orizzontali alla tassazione, si trasformino in pericolosi tagli alla sanità e alla sua progressiva privatizzazione, ancora una volta a svantaggio di quelle classi più povere della popolazione non in grado di rivolgersi ai servizi privati.
Occorre una revisione delle politiche nei confronti deə rifugiatə per favorirne un reale inserimento dopo l’uscita dai centri di accoglienza e tutela dei diritti fondamentali di ogni migrante, richiedente asilo o meno.
Spesso i servizi rivolti aə migrantə sono erogati senza tenere in considerazione la dimensione dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere. Chiediamo quindi maggiore tutela e formazione per i migranti LGBTQIA+ che fuggono a causa di persecuzioni, anche di natura sessuale: soprattutto a causa dei tabù verso i temi dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, moltə migrantə LGBTQIA+ non possono contare su un valido aiuto e restano isolatə nella propria emarginazione.
Riaffermiamo infine con forza la necessità di introdurre nella legislazione nazionale il principio dello Ius Soli, secondo cui chi nasce sul suolo italiano, è italiano.
Parlare di sesso e disabilità significa parlare di affetto e di diritti, di emozioni e di professioni: il tema ruota sempre e comunque attorno al concetto di dignità. Chiediamo il riconoscimento dei diritti sessuali delle persone disabili e il recupero del testo del disegno legge “Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità”, presentato nel 2014 e mai avviato all’iter legislativo, che propone l’istituzione della figura dell’assistente sessuale.
Chiediamo che si prosegua il cammino intrapreso tramite l’approvazione del testamento biologico verso l’approvazione di una legge che riconosca in modo assoluto ai cittadini il diritto alla libera scelta sulla propria esistenza e sulla sua fine.
Chiediamo che la legge 194 sul diritto all’aborto sia davvero effettiva, garantendo all’interno di ogni ospedale e struttura sanitaria pubblica consultoriale la presenza di personale medico non obiettore di coscienza, favorendo l’apertura di consultori pubblici, laddove vi sia carenza, e di favorire il loro accesso. A questo scopo, occorre riequilibrare la presenza del personale, istituendo bandi di concorso riservati a medici specialisti che pratichino l’interruzione di gravidanza e che non abbiano pregiudiziali verso questa pratica. Chiediamo inoltre con forza il ritiro di tutte le mozioni presentate nei consigli comunali volti a erogare denaro pubblico verso associazioni dichiaratamente contrarie alla pratica dell’interruzione volontaria di gravidanza.
Chiediamo che si cambi radicalmente l’approccio legislativo repressivo, caratterizzato da un aumento delle pene per i reati di lieve entità, e si passi piuttosto ad un approccio di recupero e riabilitazione.
Chiediamo più luoghi di aggregazione, svago e cultura dichiaratamente aperti alle persone LGBTQIA+, ponendo l’attenzione sul bisogno della nostra comunità di spazi per i nostri servizi e le nostre attività. Chiediamo di riconoscimento del valore degli spazi pubblici autogestiti, che possono essere simbolo di progresso civile, sociale e culturale, anche mediante l’adattamento e la regolarizzazione di strutture in disuso delle quali si possa immaginare l’autogestione. Chiediamo inoltre, di intraprendere iniziative volte a valorizzare la storia e la cultura queer, mettendo in evidenza la vivacità culturale, la ricchezza intellettuale e i contributi innovativi della cultura LGBTQIA+ in ogni sua forma, anche in ambito locale.
Il cambiamento climatico è ormai davanti agli occhi di tutti. La portata degli effetti sull’ambiente e in prospettiva sul nostro stile di vita non è ancora pienamente prevedibile. Il modello di sviluppo deve essere rivisto: mentre è evidente come gli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica devono essere ancora più ambizioni, fatichiamo perfino a rispettare quelli concordati in passato. Chiediamo politiche che mettano al centro dell’agenda la sostenibilità ambientale e la riduzione del riscaldamento climatico, in modo da lasciare un pianeta ancora vivibile e accogliente alle future generazioni. Chiediamo politiche che promuovano ulteriormente la riduzione dei rifiuti, il riciclo e l’economia circolare, riducendo quindi il ricorso a discariche e termovalorizzatori. Chiediamo sia rivista la mobilità cittadina, promuovendo politiche che limitino l’uso delle auto nella città, con la creazione di alternative virtuose attraenti per i cittadini, predisponendo trasporti pubblici a basse emissioni e progettando una rete capillare di vie ciclabili.
Viviamo in un momento storico nuovamente caratterizzato nel mondo da conflitti sanguinosi di cui è ancora difficile vedere la fine. Siamo profondamente convinti che ogni conflitto rappresenti una sconfitta per l’umanità intera, e ogni vittima e violazione dei diritti umani sia una ferita profonda nella nostra anima. Chiediamo che la comunità internazionale compia tutti gli sforzi possibili per il raggiungimento di un cessate il fuoco e l’apertura di tavoli di negoziato per una pace duratura.
Crediamo convintamente nel diritto al dissenso, e alla sua libera manifestazione, in particolare verso scelte politiche che legittimamente le cittadine e i cittadini ritengono di contestare. Per questa ragione, siamo sconcertati di fronte alle continue intimidazioni da parte della classe politica verso chi protesta, e di quelle parti delle forze dell’ordine che soffocano con la violenza le manifestazioni. Proprio l’intensificarsi della repressione da parte delle forze dell’ordine, alla quale abbiamo assistito negli ultimi due anni, deve suonare come un campanello di allarme pericoloso per lo stato della nostra democrazia, proprio perché diretto in particolare verso giovani e giovanissimi, quella parte della società che è e deve essere il motore primo del cambiamento, e le cui istanze vanno comprese e ascoltate.
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